BIOGRAFIA DI ROMANO LEVI Romano Levi nasce a Neive (Cuneo) il 24 novembre 1928. A proposito delle sue orgini, Romano ricordava: «Da Fraciscio di Campodolcino in Val Chiavenna (Sondrio), a Nord del Lago di Como, d’inverno scendevano nelle pianure e si spandevano fino in Liguria, i grapat, i grappaioli. Erano uomini che d’estate stavano in montagna con gli animali e d’inverno, ricoverate le bestie in stalla, si dovevano trovare un altro lavoro, spesso inventandoselo. Questi grapat avevano imparato il mestiere distillando le vinacce delle uve spremute della vicina Valtellina. Mio padre Serafino, come altri cinque dei suoi nove fratelli, era uno loro. Sconfinò da queste parti (Neive n. d. a.) e aprì la distilleria nel 1925. Morì però troppo presto, nel 1933. Così la distilleria passò a mia madre. Anche lei non campò a lungo, morì nel 1945 in un bombardamento. Io avevo 17anni e dovetti prendere in mano la situazione. Fino a quel momento avevo visto solo le cose superficiali e piacevoli del lavoro, senza conoscerne la fatica. Iniziai pensando: tanto è una cosa provvisoria». Orfano del padre a 5 anni, a 17, in seguito alla morte della madre, inizia a distillare con l’aiuto della sorella Lidia. Sarà questo, iniziato per necessità contingente, il suo lavoro per tutta la vita. Conservò nel tempo il medesimo impianto di distillazione artigianale, usando un alambicco discontinuo, a fuoco diretto, che consente la distillazione solo di piccole quantità di prodotto. Il ciclo di lavorazione prevedeva l’impiego, come combustibile, delle vinacce esauste delle annate precedenti e l’utilizzo delle ceneri residue come fertilizzanti per i vigneti. Ma la grande fama conquistata dalle sue bottiglie di grappa si deve soltanto a lui, grazie alle sue etichette scritte a mano e poi arricchite con frasi poetiche o con disegni ingenui, quei piccoli capolavori che oggi definiamo come “Arte Selvatica”. Ricorda ancora Romano: «… Le prime etichette a mano sono nate nel 1962/63 quando il nostro amico Giorgio Adriano di Neive, che aveva una casa del vino a Sanremo e comperava la grappa da noi, ha detto: “Per me le etichette le strappate dal foglio della carta, poi ci scrivete sopra a mano così e così […]”. All’inizio non erano scritte da me ma da una persona anziana, la signora Sabina ed erano dedicate ad una botte che abbiamo chiamata “Grappa nera dimenticata” perché era scura scura, tanti anni era rimasta nella botte. Poi questa signora le prime 50-100 etichette le ha fatte, ma presto si è stancata ed allora ho dovuto scrivere io». Le etichette delle bottiglie disegnate a mano da Romano riportano sovente accenni poetici o particolari dediche; il più celebre dei suoi soggetti fu quello della “donna selvatica” dalla testa rotonda e il corpo sottile. Ecco chi è la donna selvatica nei ricordi di Romano Levi: «Da ragazzino andavo a scuola a piedi, attraversando le colline e le vigne. Tra i filari c’erano spesso i ciabot, minuscoli ripari attrezzati dove i vignaioli e i contadini si rifugiavano nel caso la sera li sorprendesse una tempesta o se la mattina c’era da stare in vigna prima del sole. Io passavo di lì al mattino, e a volte vedevo sbucare da questi ripari donne belle e scarmigliate, un po’ pazze, solitarie, che vivevano spesso ai margini della società paesana. Erano misteriose, senza vincoli, sparivano e poi tornavano, un po’ streghe e un po’ fate. Erano libere, come dovrebbero essere tutte le donne per vivere la parte migliore della vita». Romano Levi divenne famoso negli Anni Settanta ad opera del gastronomo Luigi Veronelli che lo definì il Grappaiolo Angelico sulle pagine del settimanale “Epoca”; la definizione di “angelico” era anche ispirata dal nome Serafino Levi, padre di Romano, che era rimasto nella denominazione della ditta. Le sue grappe sono state giudicate ruvide, schiette, fortemente ancorate alla tradizione contadina, prive di mollezze ed edulcorazioni, senza concessioni alle morbidezze di stampo modernista. La sua arte di distillatore e di “Artista e poeta” fu apprezzata anche da molti appassionati e famosi collezionisti. Romano Levi ha disegnato l’ultima etichetta la sera dell’1 maggio 2008. La distilleria è stata la sua vita. Non ha viaggiato, non ha visto il mondo; è il mondo che è andato da lui. Tante pagine sono state scritte, tante persone hanno parlato di lui e delle sue etichette. Oggi il complesso distilleria casa abitativa e giardino, grazie alla lungimiranza degli imprenditori Luigi Schiappapietra e Lucio Scaratti che lo hanno acquisito, continua la produzione nei tempi e nei modi e nelle regole raccontate da Levi. Scriveva Luigi Veronelli: «Le grappe riescono superbe, e lui fa la “riverenza” nelle etichette che scrive con certosina sapienza a mano, e che dedica. I nomi fermano nel tempo il suo fantastico amore a “Donne decorose e indecorose, selvatiche, ascendenti e discendenti, che scavalicano colline, che si lasciano toccare e non, coi capelli d’oro e d’argento”».
Entrò in attività dal 1945, quando rimasto orfano a 17 anni d'età iniziò a condurre la distilleria fondata dal padre Serafino nel 1925. Conservò nel tempo il medesimo impianto di distillazione artigianale, con un alambicco discontinuo a fuoco diretto, che consente la distillazione solo di piccole quantità di prodotto. Il ciclo di lavorazione prevedeva l'impiego come combustibile delle vinacce esauste delle annate precedenti e l'utilizzo delle ceneri residue come fertilizzanti per i vigneti. Le etichette delle bottiglie venivano disegnate a mano dallo stesso Romano, e riportavano sovente accenni poetici o particolari dediche; celebre il suo soggetto della donna selvatica. Romano Levi divenne famoso negli anni settanta ad opera del gastronomo Luigi Veronelli, che lo definì il "Grappaiolo Angelico" dalle pagine del settimanale Epoca; l'appellativo di angelico era ispirato anche dal nome Serafino Levi, padre di Romano, che restava come denominazione della ditta. Le sue grappe sono state giudicate ruvide, schiette, fortemente ancorate alla tradizione contadina, prive di mollezze ed edulcorazioni, senza concessioni alle morbidezze di stampo "modernista". Dal 19 aprile al 13 maggio del 2007 a Palazzo Bricherasio (TO) nelle Sale Storiche, viene dedicata una rassegna all'opera artistica di Romano ed editano il catalogo, riprendendo il nome della mostra: Romano Levi Il grappaiolo angelico, disegni, poesia e territorio. Daniela Magnetti, direttore della fondazione Palazzo Bricherasio, colloca Romano nel movimento artistico dell'Art Brut (Raw Art o Outsider Art). Jean Dubuffet, capofila del movimento nel 1947, aveva definito l'Art Brut come "l'arte che si ignora, che non conosce il proprio nome, prodotta dall'ebbrezza creativa senza alcuna destinazione".
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