“UMBERTO MASTROIANNI - ENNIO MORLOTTI - GRAFICA” 2024

“UMBERTO MASTROIANNI - ENNIO MORLOTTI - GRAFICA”

Acqui Terme: Palazzo Robellini dal 1° settembre al 27 ottobre 2024 “UMBERTO MASTROIANNI - ENNIO MORLOTTI - GRAFICA” Umberto Mastroianni ed Ennio Morlotti, massimi artisti del ventesimo secolo, sono i protagonisti di una mostra, che raccoglie circa 70 opere (calcografie-acqueforti, litografie, serigrafie, tecniche miste ) appartenenti alla collezione di Adriano e Rosalba Benzi, che Palazzo Robellini di Acqui Terme (Piazza Abramo Levi, 7) ospiterà dal 1° settembre al 27 ottobre 2024. Una rassegna che consente di ripercorre le tappe fondamentali del loro lavoro nel campo della grafica. Importanti protagonisti della vicenda artistica italiana ed europea del secondo Novecento, Umberto Mastroianni (Fontana Liri, 21 settembre 1910 – Marino, 25 febbraio 1998) ed Ennio Morlotti (Lecco, 21 settembre 1910 – Milano, 15 dicembre 1992) si collocano anche nell'olimpo degli artisti specializzati nella grafica. Artisti, scultori, pittori, disegnatori, capaci anche di effettuare sostanziali interscambi artistici tra l'incisione e la pittura modulando ed influenzando, ora nell'uno ora nell'altro campo, invenzioni ed emozioni. Mastroianni e Morlotti hanno partecipato alle più importanti rassegne artistiche nazionali e internazionali, Biennale di Venezia compresa, ed hanno esposto in numerose mostre personali in Italia e all’estero. A corredo dell’esposizione, ci sarà un catalogo con tutte le immagini in gruppi omogenei e commentate da scritti di Gianfranco Schialvino e Francesco Proto. Inaugurazione: sabato 31 agosto ore 18,30. Data e orario di apertura della mostra: dal 1° settembre al 27 ottobre 2024. da martedì a domenica 10 - 12,30 e 16 – 19. Lunedì chiuso - Ingresso gratuito Catalogo in mostra info: rosalba.dolermo@alice.it - benzi.adriano@mclink.it - info@vecchiantico.com http://www.mostrevecchiantico.com Informazioni: 0144 329854 - 330470060 benzi.adriano@mclink.it 0144 770300 cultura@comune.acquiterme.it artear-48, Vecchiantico AB Collezionismo, Città di Acqui Terme, Protezione Civile Acqui Terme, Rotary Club Acqui Terme

ENNIO MORLOTTI

Ennio Morlotti (Lecco, 21 settembre 1910 – Milano, 15 dicembre 1992) Trascorre la prima infanzia scolare in collegio, dove per altro eccelle nello studio, cominciò nel 1923 a lavorare come contabile in un oleificio, quindi fino al 1936 come impiegato in un colorificio e operaio in una fabbrica meccanica. Nonostante le dure condizioni di vita di quegli anni, si dedica allo studio dell'arte antica nelle chiese e nei musei, interessandosi anche di arte contemporanea, sino a conseguire da privatista la maturità artistica a Brera. Licenziatosi dalla fabbrica, si trasferisce a Firenze e si iscrive all'Accademia, dove, seguito da Felice Carena, si diploma con una tesi su Giotto, ottenendo il massimo dei voti. Nel 1937, grazie agli introiti giunti dalla vendita di tre quadri esposti in occasione di un concorso per il paesaggio lecchese, effettua un viaggio a Parigi dove vede le opere originali degli amati Cézanne e Picasso. Nel 1940 entra nel gruppo di Corrente che si ispirava alla rivista universitaria "Corrente di vita giovanile", diretta da Ernesto Treccani, seguendone l'orientamento espressionistico francese, da Van Gogh fino ai Fauves. Nel 1946, grazie alla borsa di studio fattagli avere da Lionello Venturi, avrebbe potuto risiedere a Parigi per due anni assieme a Renato Birolli, ma dopo due mesi rientra a Milano poiché non riusciva a dipingere; nonostante ciò aveva conosciuto e visitato lo studio di Picasso, aveva incontrato Braque, Dominguez, De Stael, Sartre e Camus. E' poi, subito dopo la XXIV Biennale di Venezia (1948), dove espone assieme a tutti gli artisti del Fronte Nuovo delle Arti, che si definì la posizione di Morlotti, il quale assieme a Birolli si staccò dai componenti "realisti" del gruppo. La Biennale ospita numerose volte le sue opere, nel 1950, nel 1952 assieme al Gruppo degli Otto, nel 1954 con una sala presentata da Giovanni Testori (distruggendo le opere esposte subito dopo), nel 1962 vincendo il premio (ex equo con Capogrossi) riservato ad un artista italiano, nel 1964 all'interno della sezione "Arte d'oggi nei musei", nel 1972 con una sala personale, nel 1988 con un'altra personale nel padiglione dedicato all'Italia e nella sezione dedicata alla rassegna "Il Fronte nuovo delle Arti alla Biennale del 1948". Oltre all'attività pittorica è attivo nel campo della grafica con importanti acqueforti e litografie. Nel 1986 e nel 1992 viene invitato alla Quadriennale Nazionale d'Arte a Roma...................... 1972, ACQUI TERME MOSTRA ANTOLOGICA- PALAZZO LICEO SARACCO

Critica

hanno scritto- tra gli altri Luigi Carluccio, 1979 Per Morlotti Tutti abbiamo rilevato che il movimento tipico di Ennio Morlotti consiste in un paziente approccio alia natura, in una incalzante immersione nel profondo della natura, dando tuttavia l’impressione di pensare che il pittore vi scivolasse dentro, incuneandosi senza attriti nel suo spessore e con una pro- gressione tanto lenta da poter dare ad ogni frammento, ad ogni particolare del suo con- testo, delle sue trame, del suo ordito vegetale o minerale, gli splendori, i lucori e gli smalti originali; e da poter trafiggere coi riflessi del¬la materia pittorica le spesse ombre del labi- rinto o nido, che e la natura in Morlotti, fat- to di zolle, di sterpi, di nervature, di canali, di branche, di radici, di foglie. La tensione drammatica, implicita nella gravita morale del temperamento stesso di Morlotti, e venuta infatti alio scoperto a po- co a poco negli ultimi anni, attraverso un suo dolente tirocinio. Si potrebbe dire che i primi segni d’una meditazione piu densa e tragica sulla materia della pittura e prima ancora dell’esistenza comparirono nella mostra alia Pilotta di Parma, dove, insieme con le verdi forre vegetali, con le nicchie ombrose per i nudi delle bagnanti, con i serti lucidi dei fo- gliami mediterranei e con i frutti duri e pie- trosi, quasi fatti di un maturato fango origi- nario, figurarono i primi teschi, come un presagio e piu ancora come un segno inelimi- nabile dalla coscienza dell’uomo della strug- gente vanita d’ogni ricerca o impresa umana, anche la piu alta e solitaria. Fu quella apparizione a dare il senso d’un diverso impatto tra Morlotti e la natu-ra, tra il pittore e le motivazioni del suo fare; a segnalare un diverso livello di fatica, di pe- na anche fisica, di combattimento tra il pit¬tore e la materia della pittura, non soltanto per cio ch’essa significa allegoricamente ma perche e insieme sostanza della pittura e della realta. Poi, dopo quei teschi, nei quali potevi pero avvertire tra ossa e fratture il ricordo della scorza di certi melograni di Morlotti -altro avviso della durezza della materia, del¬la sua resistenza a lasciarsi trafiggere e domi- nare (e quasi contraltare alia soavita delle ro¬se di Morlotti, dei mazzetti di rose squisite ma fragili appunto, facili vittime d’un soffio d’aria piu caldo che le fa marcire, d’un gelo improvviso che le vetrifica), ecco, adesso le Rocce, le pareti, le muraglie di tufo, d’argil- la. Domestiche basi di Cezanniane montagne Santa Vittoria, teneri echi di non lontane Provenze; ma pur sempre varianti del mede- simo paesaggio, anzi paese come “paese dell’anima”, che assilla lo spirito del pittore, dal tempo delle alte rive dell’Adda a Imber- sago, alzate sopra la fatica delle lavandaie di fiume e sopra i loro stessi riflessi. Ecco, voglio dire, accanto alle carnose magnolie dalle foglie di metallo, accanto ai nudi monoliti, a modificare il senso della du¬rezza e della compattezza gia figurate dalle siepi fitte delle agavi e dei fichi d’india, delle frementi barriere dei limoni di riviera e degli ulivi, queste argille calde, nelle quali, con un rintocco piu sonoro si ritrova l’accento posto una volta da Arcangeli, premessa d’ogni al¬tro senso drammatico, sul taglio basso degli orizzonti di Morlotti; basso come appunto Porizzonte di Courbet nel seppellimento a Oman, ma attraverso Pimpatto con una ma¬teria pittorica che esprime tutta la sua quan¬tity e tutto il suo peso e mette alio scoperto le sue fibre, avverti anche le difficolta di un’im- presa che in Morlotti cogli sul vivo, e che per se stessa rende drammatica, ma anche eroi- ca, cioe esaltante, la volonta di fare a tutti i costi pittura ed a tutti i costi farla secondo quei moti spontanei che esprimono la neces- sarieta, la ineluttabilita del fare. Volonta, cioe quel “duro desiderio di durare” che ha detto una volta Elouard, e che e la stigmate dei grandi, degli autentici artisti. Repetto e Massucco, 1993 II ricordo di un'amicizia Ogni volta che abbiamo l'occasione di sostare di fronte a un dip into o a un disegno di Ennio Morlotti -un grande amico da poco scomparso, e un prezioso consigliere, fin dagli anni sessanta, della nostra attivita culturale-, e sempre un nuovo tremore che si moltiplica nella commozione delle nostre coscienze. Quelle tele ordite con un impasto voluminoso di materia e di colore, quei fogli bianchi forgiati con un impetuoso ed elegante tratto, tra natura e figura, quei Paesaggi madidi di una ricchezza infinita, dove la lucidita della visione si sfa in un organico moltiplicarsi di pigmenti; quei Nudi rosa che si stagliano orgogliosi sopra l'azzurro accecante del cielo, o quelle Rocce solenni, marroni e rosse, grigie e viola, in cui la vorticosita immobile della materia si salda vigorosamente in primo piano, rinnovano sempre in noi quel fascino, quella commozione, quella divina paura di fronte alia natura che per un eccesso di civilta e di tecnologismo in parte abbiamo smarrito. Morlotti amava la natura, o meglio il sentimento cosmico della natura, con una tensione estrema; e, fin dai suoi primi anni - dopo quel primo viaggio a Parigi, nel 1937, dove approfondi gli Impressionisti e Cezanne, Corot e Coubert - i suoi dipinti, e i suoi album di disegni, hanno indagato instancabilmente tutto quello che si identifica con l'universo naturalistico. In altri viaggi, in alcuni dei quali abbiamo avuto l'indimenticabile fortuna di essere suoi vicini compagni, Morlotti amava sostare tra i vegetali pietrosi dell'architettura romanica, tra le linee immobili di queste umili abbazie, tra i portali smaltati delle loro bianche e ruvide sculture, tra i capitelli illuminati dalla terra e dal vento. Tra queste ombre, piu vicine ai riflessi liberi ed organici della natura, egli probabilmente si sentiva felice, ed era sicuramente qui che il suo spirito pazientemente si rigenerava. Cosi, a partire dai suoi primi Paesaggi degli anni'40, intorno alle campagne lombarde di Lecco, fracide di luce, fino alle estreme tensioni cromatiche dei bagliori di Bordighera, la sua pittura e stata ed e uno scandagliare ininterrotto e gioiosamente disperato nell'organicita della terra, nella concretezza delle forme, un1 introspezione acuta nella vibrazione della luce, un'identificarsi diretto con il respiro della vita. Quando nel 1969, per la prima volta nella nostra Galleria, organizzammo una sua mostra - e tre anni dopo l'ampia antologica al Liceo Saracco - si riconfermava sempre piu vivo il nostro entusiasmo, e il caloroso sodalizio della nostra profonda amicizia. Si riconfermava altresi, per la meraviglia dei nostri sguardi, e grazie al contatto quasi mensile alia fucina del suo religioso studio, l'intensita unica della sua pittura, l'originalita iconografica della sua alta ispirazione, e la certezza irremovibile di poter collaborate, e soprattutto di poter essere testimoni, di un cosi formidabile pittore. Poi, durante gli anni settanta e ottanta, la gioia di poterlo accompagnare alle importanti vernici delle sue personali esposizioni, le prime organizzate dalla Marlborough a Londra, a New York, e a Zurigo, suggello ogni nostro futuro ed intenso sodalizio. Una volta un grande poeta tedesco, che Morlotti ci confesso di amare, aveva detto: "Per colui che si sforza di dare espressione alia propria interiorita l'arte non e qualcosa che attenga alle scienze umane, bensi qualcosa di fisico come l'impronta digitale. "Cosi, anche per questo grande maestro lombardo, l'arte non era altro che il moltiplicare vorticoso di immagini, di forme, di colori, ma nelle sue tele fissate e scandagliate saldamente in una profondita assoluta insieme materica e luminosa. Con una intelligenza lucidissima e spesso silenziosa, egli sapeva, e qualche volta ci insegnava, che la razionalita speculativa o la fredda scienza spesso si contraddicono; e che il vigore di un ramo, il fremito di un fiore, la luce di un corpo, o il silenzio di una pietra, valgono molto di piu che un complesso ragionamento o astratto sillogismo. Tutto per lui era sentimento interiore, tremito dell'anima, emozione pura che si riverberava soltanto in quelle pareti infuocate dei suoi intensissimi quadri. Come De Stael, Morlotti ha voluto abbracciare con la sua arte un percorso amplissimo, intorno alle forme della natura; ha voluto moltiplicare, per la gioia dei nostri occhi, il mistero fascinoso dei frutti della terra: il verde dei cactus sull'effigie del cielo, il virgulto dell'ulivo sfregiato dal viola, la linfa di un ramo; la mobilita rossa di un piccolo lago, il giallo del girasole riposante sull'immagine della propria immagine, o il calore roseo di un corpo femminile. Per merito della sua amicizia, e grazie soprattutto al fascino della sua ricca pittura, 1'opera di Morlotti continuera cosi a colloquiare con la nostra citta, e con la meraviglia commossa dei nostri fedeli cuori, fino a distinguersi come uno dei piu grandi artisti di questo contraddittorio secolo. Nico Orengo, 2004 A cercare strade e sentieri C’era un ritratto di Morlotti, nella prima stesura dell 'Angelo di Avrigue, in cui Fran-cesco Biamonti faceva dialogare il protagonista con il pittore. Stava, Gregorio, se- duto su una roccia mentre en plein air Morlotti dipingeva quelle rocce secche e lu- minose che si vedono nell’entroterra dell’ultimo Ponente, fra Seborga, San Biagio, Ciotti. Era, nel ricordo, un dialogo “fuori luogo”, troppo dentro il far pittura, come se, su quella pagina, Biamonti si fosse sostituito al suo personaggio e avesse ripreso con l’amico un discorso lasciato in sospeso in una trattoria a Soldano, o in un caffe, sul- la piazza della Stazione a Bordighera. Consigliai Francesco di tagliare la scena, di ridurla per lo meno. Sapevo che sarebbe stata fatica e dolore, era da anni - mi raccontarono poi alcuni suoi amici - che il Poeta, come affettuosamente lo chiamavano, girava con quel suo manoscritto sotto- braccio, una cartellina rossa, fra Bordighera e Ventimiglia. Biamonti riemerse dal suo personaggio, asciugo, ma fu poi irremovibile sulla scelta della copertina. Voleva e ottenne, grazie a Einaudi e a Calvino, che sulla copertina del Nuovo Corallo ci fosse un pastello con le rocce di Morlotti, quelle rocce che gli aveva fatto conoscere e che avevano sostituito quelle del finalese. C’era grande intesa e affetto fra i due artisti, entrambi amavano la pittura di Cezan¬ne e di de Stael, amavano gli antichi maestri italiani, quelli intrisi di colore e pieta, da Beato Angelico a Piero Della Francesca. Entrambi, capaci di lunghi silenzi e di parole mormorate a labbra strette, amavano la natura sbarbariana di quella Liguria faticosa e faticata, lucente e ubaga, d’entroterra. Biamonti era un critico raffinato, indagava nel lirismo asciutto della pittura, ragionava per immagini dipinte, dipingeva a sua volta con le parole, nell’apparente net- tezza della parola scelta: cercava quella che, come una cipolla, fosse piu densa, piu materica. Oltre alla buona cucina, al buon rossese e vermentino, ai lunghi silenzi, era un pa- rallelo modo di lavorare che univa Morlotti e Biamonti. C’era in loro la capacita di “prender tempo”, di lasciarlo lasco perche la meditazione avesse il suo spazio e poi, da buoni pescatori di sciabica, trascinarlo a se, vibrante di emotivita. Donne, rose, rocce, personaggi dell’uno e dell’altro, dolenti e carnose, si ritrovano fra le tele di Morlotti e le pagine di Biamonti e sottintendono in entrambe il come arrivarci: camminando. Entrambi erano camminatori, esploratori di strade e sentieri, come se l’andare po- tesse caricarli di profumi e colori. Si intridevano di paesaggio, se lo caricavano ad- dosso, se ne impregnavano come spugne per poi riversarlo nella loro opera. Per entrambi la luce era una sfida, una lotta con l’Angelo: che fosse quella a colpire il petalo di una rosa o una schiena nuda, femminile, o quella che colpiva una foglia di ulivo o il muro scrostato di un portico, era fondamentale catturarla, con una pen- nellata, con una frase, e isolarla in una possibile esistenza di nummulite. Ricordare e immaginare i discorsi fra i due amici non e difficile, con Morlotti che, oltre a parlare di pittura, porta notizie “mondane” da Milano e Biamonti che cita poeti francesi e filosofi tedeschi, paesi aprichi da andare a vedere, colate di fichi d’India sulla roccia; Morlotti curioso di do che e accaduto a Bordighera, durante la sua assenza, Biamonti curiosissimo dei luoghi culturali delle “capitali”, dei “mondi editoriali”, delle mostre. E poi cadute di silenzio, durante le quali ognuno dei due sprofonda in se stesso, alia ricerca di una propria verita da far risplendere.

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