Le impronte del sacro 2012 web

Le impronte del sacro

Mostre & Premi.. 1972 – Premio Nazionale d’arte Sacra, Savona; 1973 – Personale all’Accademia Urbense di Ovada (AL); 1974 – Personale allo studio P. L. di Milano; 1975/1979 – Personale al Festival dei due Mondi di Spoleto 1976 – Personale alla Galleria Clio di Alessandria; 1976 – Personale alla Loggia di San Sebastiano di Ovada (AL); 1978 – Arte Fiera internazionale di Messina; 1978/1979 – 42° Arte Fiera internazionale del Levante, di Bari; 1978 – Padiglioni delle Esposizioni, Roma. 1979 – Arte Fiera internazionale, Foggia; 1979 – Arte Fiera internazionale, Cagliari; 1982 – Palazzo Robellini- “Tradizioni e nuove esperienze in provincia di Alessandria”; 1985 – “Quattro pittori per il paesaggio” Pecetto (AL); 1988 – “25 incisioni all’acquaforte” Palazzo Robellini, Acqui Terme (AL); 1989 – “Incisioni dal 1983 al 1989″ personale nella chiesa di San Francesco in Cassine (AL); 1990 – Libro d’incisioni “Segni del tempo” contenente tre incisioni all’acquaforte e scritti di Marcello Venturi; 1993 – Cartella “I Luoghi di Cesare Pavese” contenente 6 incisioni all’acquaforte e la prefazione di Lorenzo Mondo; 1996 – Invitato alla 4° Biennale d’incisione “Alberto Martini” Oderzo (VE); 1996 – Personale alla Galleria Associazione “Il Quadrato” Chieri (TO); 1997 – Segnalato alla 3° Biennale Nazionale dell’incisione di Acqui Terme (AL); 2001 – Rassegna di “Grafica ed ex libris” Casale Monferrato (AL); 2001 – “Mini Print Finland 2001″ al Lahti Art Museum- Finland; 2001/2002 – Invitato al Premio “Leonardo Sciascia amateur d’estampes” con mostra a: Biblioteca comunale, Palazzo Sorniani (Milano); Sala di villa Casentino, Valverde (Catania); Stamperia Galleria d’arte “Il cedro” (Roma); “Il bisonte” Centro Culturale per lo studio dell’arte grafica (Firenze); Scuola Internazionale di grafica, Carnareggio (Venezia); Fondazione Tajlor (Parigi); Sala del Tesoro, Biblioteca Trivulziana del Castello Sforzesco (Milano); 2002 – “Terza Biennale dell’incisione Contemporanea Italiana” (Campobasso); 2002 – “Biennale dell’incisione Contemporanea Italiana”- Italia – Austria. Mirano (VE) 2003/2005 – “Biennale Internazionale per l’incisione” di Acqui Terme (AL); 2004/2007 – “Mini Print Finland” al Lahti Art Museum (Finlandia); 2007 – “Aspetti dell’incisione oggi in Italia” Gaiarine Villa Altam (TR); 2007 – “Grafica ed ex libris” Palazzo Sannazzaro, Casale Monferrato (AL); 2007- “11° European Biennal Competition for graphic art” Bruges (Belgio); 2007 – “3° Biennale Nazionale dell’incisione”- “Giuseppe Polanschi” Cavaion Veronese (VR); 2008 – Segnalato al premio Italo Grandi “il dolore e la speranza” in collaborazione con la rivista Grafica d’arte. Mostra dei 14 incisori segnalati al Centro dell’incisione Alzaia Naviglio Grande (MI); 2008 – “3° Triennale internazionale d’incisione Città di Chieri”- premio Gianni Demo; Polo Culturale della Biblioteca Civica (Chieri); 2008 – “Biennale dell’incisione Italiana Contemporanea” Città di Campobasso; 2009 – Castello di Zamek Ksiaz – Silesia (Polonia); 2009 – Dipartimento Krolikarmia del Museo Nazionale di Varsavia (Polonia); 2009 – Libro d’incisioni “L’ultima dimora – a mia madre”, contenente due scritture di Roberta Dapunt e quattro incisioni all’acquaforte; tirato in 14 esemplari in numeri arabi.

Antonio Pesce

Antonio Pesce nasce nel 1952 a Molare nel Monferrato, frequenta la scuola d’arte di Acqui Terme e l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano sotto la guida di Aldo Carpi. Inizia l’attività pittorica prediligendo l’acquarello, il disegno e il pastello,con una forte componente di temi sacri; molte le mostre da Spoleto a Milano di notevole rilevanza. Nel 1980 inizia l’interesse per le tecniche calcografiche; anni d’immersione nella ricerca tecnica, dall’acquaforte alla puntasecca, al bulino, poi nel 1985 inizia ad essere invitato in varie rassegne d’incisione. Rappresenta ciò che il passare del tempo lascia sulle cose; cascinali nella loro ultima agonia, rovi che entrano dalle finestre e dalle porte, camini ormai spenti, stanze vuote di vita materiale ma piene di echi lontani. Nel 1990 da un affinità di pensieri con lo scrittore Marcello Venturi, nasce un progetto che si concretizza in un libro d’arte “Segni del tempo”. L’opera tirata in 75 esemplari è composta da tre incisioni all’acquaforte e da tre scritti. Negli stessi anni l’amicizia con lo scrittore Mario Rigoni Stern contribuisce a rafforzare lo spirito e l’anima dell’incisore. Nuovi valori umani e nuove sensazioni vengono proiettati nell’opera incisa “ciò che vale e ciò che non vale” e riappare quella sacralità che si era affievolita. Paesaggi, uccelli neri, stanze piene di ricordi, tempi dell’infanzia unico rifugio da un mondo svuotato di veri valori, fatuo, vano; e allora quasi il voler far ritornare ciò che non è più. Poi ancora il dolore di oggi, il dolore di vivere, la vita, la morte e l’anima, e inevitabilmente il sacro. Nel 2003 ancora determinante è stata l’amicizia con GiorgioTrentin Presidente dell’associazione incisori Veneti; uomo che ha difeso e ancora difende l’incisione nel suo rigore tecnico e nel suo valore culturale. Profondo amore per l’arte incisoria, impegno sociale e morale mirabile; preciso nelle scelte politico-culturali; volto ad usare la funzione dell’opera incisa come arma d’attacco e di difesa contro un mondo fatto d’insaziabile avidità e di sempre maggior guadagno e quindi di cancellazione e di annullamento di un patrimonio storico culturale. Nel 2008 prende vita un secondo libro d’arte con la poetessa Roberta Dapunt “l’ultima dimora – a mia madre”; dedicato alla madre morta dell’incisore. Il libro è stato tirato in 14 esemplari ed è composto da due scritture e quattro incisioni all’acquaforte.

Critica

È un viaggio nell’ignoto l’attuale percorso artistico di Antonio Pesce, che si svolge in due direzioni parallele, coordinate e distinte. Perché talvolta il concetto dirige la sua espressione formale dove, altrove, è la materia che pare aggregarsi d’istinto, e provoca le scissioni del nucleo che daranno vita autonoma a progetti che a stento l’artista riuscirà a tenere sotto il controllo della mente. La bussola, la vaga stella dell’Orsa leopardiana anzi che guarda dall’alto il nostro pittore errante, ha un nome ben preciso, lo stesso che per tanti secoli ha guidato i suoi colleghi, come lui illuminati da un ideale: è la fede. Non sempre gioiosa, anzi! ché le vittime abbondano in ogni culto e per ogni latitudine, e le tombe ora si alzano a piramide ora si inabissano a catacomba, ardono sulle pire e pendono dalle croci, seccano nelle teche e si dissolvono nella sabbia. Con qualche rara eccezione: un carro di fuoco, che li rapisce improvviso per trasportarli in un turbine verso il cielo; o se, oltre le nuvole, ci salgono da soli, dopo un po’ di giorni dalla gloria trascorsi ancora a chiacchierare con i mortali. Per non dire di quella ninfa che, per colmo di malasorte, nell’istante d’uscita dall’Ade vi riaffondò, in uno sguardo di troppo amore. La morte diventa anche la porta da cui entrare per compenetrare il mondo artistico di Antonio Pesce, per comprenderne il coinvolgimento etico e la libertà (ma potrebbe essere liberazione) estetica. Che poi qualcun altro con la leggerezza della burla abbia inventato uno specchio per compiere questo passo, noi pensiamo sia una favola. Siamo piuttosto convinti che la vita sia solo un fenomeno labile, prodotto da forze che non riusciamo a controllare, e che il sepolcro diventi la porta stretta e necessaria per la riconquista di una seconda vita. Dove se non rispetterà di fatto le regole della trascendenza cristiana, e qui le idee fra chi crede e chi no cominciano a divergere, si atterrà perlomeno a quelle di una regressione all’ordine del mondo prenatale. Regalando ai posteri nella natura terrena, attraverso l’opera d’arte, il tentativo di riconciliazione dell’uomo con la natura. Ma torniamo indietro di un passo, restiamo, insieme all’artista, sulla soglia, sulla porta. Davanti al sepolcro che, prima di fendersi e diventare varco fatale, quale ricettacolo di corpo divino (ecco che torna in primis la necessità della fede, almeno come viatico artistico, il lasciapassare valido per la tutta la durata dell’esposizione di Casa Felìcita) si nobilita in tabernacolo. Guardiamolo all’ora nona del Venerdì Santo. Dal basso, perché al fragore del tuono che ha squarciato il cielo siamo caduti in ginocchio per lo spavento. Ci appaiono nitidi nella crudeltà della luce vivida dei lampi due piedi trapassati da un chiodo. Neri nel segno, nella traccia, nell’impronta, nel simbolo, nel significato. Tracciati con il carbone, sporcati con la polvere della grafite, impressi con l’impasto di olio e nerofumo. di Gianfranco Schialvino Hanno scritto sulla sua opera: Paolo Bellini, Walter Pazzaia, Mario Rigoni Stern, Gianfranco Schialvino, Pier Luigi Senna, Giorgio Trentin, Marcello Venturi. Sue opere si trovano presso: “Il Gabinetto delle stampe Antiche e Moderne” di Bagnacavallo (RA). La Pinacoteca “Alberto Martini” di Oderzo (VE). La Civica Raccolta delle stampe “Achille Bertarelli” al Castello Sforzesco di Milano. È presente nei volumi del “Repertorio degli incisori italiani” di Bagnacavallo (RA). Fa parte dal 2002 dell’Associazione Incisori Veneti con sede a Venezia.

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